di Dario Nicoli
Mentre i tempi della Brexit e del patto di Visegrad sembrano lontanissimi a causa dell’accelerazione della storia provocata dalla risposta europea alla pandemia ed all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il terreno dello scontro politico e culturale dell’Unione europea si è spostato sulle elezioni presidenziali in Francia. La scelta tra Macron e Le Pen sembrerebbe riproporre lo stesso copione del passato, ma la realtà è ben diversa: la posta in gioco non consiste più nella critica sovranista alla “sovrastruttura” europea a favore degli stati nazionali, ma in una difesa attiva dei valori della democrazia e della libertà contro le autarchie nazionaliste e la loro visione del mondo. Lo spazio conquistato negli ultimi anni dai governi totalitari del pianeta – Cina, Russia, Iran – è l’effetto della progressiva rinuncia degli USA al ruolo di paese guida, ma l’indebolimento della democrazia è soprattutto l’effetto di una corrosione interna all’Occidente provocata dalla diffusione dell’individuo “slegato” da vincoli di appartenenza e dedito alla propria autorealizzazione e dal dominio del mercato e dello stato a discapito di una comunità sempre più asfittica. Ma rilevante è pure il contributo fornito dallo zelo, degno di miglior causa, con cui il ceto intellettuale ha portato avanti la critica alla civiltà Occidentale rea di ogni nefandezza – oppressione patriarcale, colonialismo, sessismo, transfobia… – mentre nelle scuole e nelle università sono deboli le voci di chi insegna i valori della nostra civiltà ed i benefici da essa apportati nel mondo. La più che probabile vittoria di Macron va quindi letta come l’avvio di una piena assunzione da parte dell’Unione europea di un ruolo di primo piano nella battaglia di civiltà che segnerà il prossimo futuro non solo del nostro continente ma del mondo intero. Occorre però chiedersi quale blocco sociale sostiene il rinnovamento democratico, che non può limitarsi alla sola politica estera ma richiede una piena partecipazione del popolo e delle élite. In quanto la democrazia non consiste nella libertà di fare ciò che si desidera, ma è innanzitutto un legame ed un impegno che viene dalla storia. Gli studi dei flussi elettorali ci dicono che Macron è sostenuto dai soddisfatti costituiti da ceti metropolitani e cosmopoliti, mentre la Le Pen dagli insoddisfatti composti in buona parte dalla popolazione delle province, infine Melenchon da coloro che professano idee socialiste ed ecologiste. Una parte dei voti conquistati da quest’ultimo si riverseranno sull’attuale presidente, ma non si tratta di un regalo: il prezzo da pagare consiste in una maggiore protezione sociale con un possibile indebolimento delle forze generative della società, quelle che vedono nel lavoro un valore e non solo la cessione di una parte della propria esistenza in cambio dello stipendio con cui perseguire la propria felicità privata. Se il meccanismo istituzionale francese beneficia Macron portandogli il voto all’insegna del “male minore” da parte della sinistra e di ciò che rimane del gollismo, la rinascita della democrazia non può limitarsi alla politica istituzionale ma richiede una vera partecipazione popolare. Serve una politica che favorisca i corpi intermedi ed i territori specie quelli deprivilegiati ed una legislazione che metta un freno all’aggressività del mercato e della sua alienante comunicazione mediatica. Ma serve anche una campagna culturale che rilanci il valore del lavoro come strumento privilegiato per la formazione di un io radicato nella comunità, valorizzando il cambio dell’indirizzo dell’economia nella direzione della sostenibilità rappresentato dalla Next Generation UE. Occorre anche una revisione delle politiche “leggere” che in questi anni hanno promosso i più vari diritti soggettivi senza i corrispettivi doveri di responsabilità sociale. Infine curricoli scolastici per il tempo nuovo improntati sulla formazione di cittadini consapevoli del valore della civiltà occidentale e mossi dal desiderio di contribuire tramite i propri talenti al bene comune.
Mi piace! Condivido pienamente l’analisi delle cause e dei rimedi proposti dal prof. Nicoli. Chissà quando si potrà vivere in un mondo così delineato ! Potremo intanto cominciare con il formare realmente la grande ‘comunità” dell’Europa (tanto invocata quanto inesistente, visto le forze nazionaliste onnipresenti), e poi a scendere verso i diversi livelli di comunità. È lo spirito della comunità il grande valore da salvaguardare per proteggere i valori democratici, che tradurrei così : quando l’interesse comune vale quanto il mio interesse e quest’ultimo vale altrettanto per la comunità (grande o piccola che sia), potremo considerarci veramente liberi.
Giusto Daniela. Se lo Stato Nazione e il mercato si sono dati reciproco sostegno nella formazione dell’individuo moderno, la rinascita democratica dovrà necessariamente passare per il ridimensionamento di entrambi a favore di formazioni politiche più ampie, di tipo federale, da un lato, e sussidiario dall’altro nell’ottica del ridare respiro al territorio e alle comunità di prossimità.