È proprio necessario morire soli?

Bruno Perazzolo

Avvertenza per il lettore: questo articolo per due terzi vuole essere una semplice riflessione sulla morte in solitudine e, per il terzo rimanente, la recensione del film “Juniper – un bicchiere di gin”

Nella bella canzone, “Il Testamento”, scritta e interpretata da Fabrizio De André nel lontano 1963, il protagonista prima si fa beffe dei vivi che restano e della morte e, poi, chiude con una affermazione che ha tutto il sapore di una sentenza definitiva “cari fratelli dell’altra sponda cantammo in coro giù sulla terra, amammo in cento l’identica donna, partimmo in mille per la stessa guerra. Questo ricordo non vi consoli quando si muore si muore soli”. Ricordo che anche mia nonna, classe 1906, sosteneva qualcosa del genere citando spesso un proverbio veneto “morta mi e la me testa mando in mona quei che resta” (non so se sia scritto correttamente nel dialetto veneto, ma il testo, mi sembra, non lasci comunque spazio a fraintendimenti). Si tratta, probabilmente, di un atteggiamento universale di fronte alla morte diffuso in tutte le culture e in ogni tempo. Un modo sarcastico di prendere congedo da chi resta esorcizzando la paura. Un’attitudine che, dunque, non va confusa con un fatto assai più recente e, direi, tipico dell’occidentale moderno. Un fatto che, da qualche decennio, con la diffusione delle Case di Riposo (RSA) e degli Hospice, ha assunto una dimensione di massa o, per così dire, popolare: la morte in solitudine, la morte come questione essenzialmente privata, il cui senso resta confinato nell’individuo esattamente come il senso della vita. Non che prima di qualche decennio fa la morte in solitudine fosse assente. Restava però un concetto borghese, quasi puramente filosofico. Un parto dell’individualismo. Un’idea più che una realtà concreta. Nel film capolavoro di Umberto Pasolini, “Still Life” (2013) il protagonista, Jhon May, prova a “mettersi di traverso”, a questo megatrend delle nostre società. La sua impresa è disperata e, nel racconto del regista, si conclude in modo ambiguo. Il miracolo salva l’impresa di May, ma in una maniera che lascia ben poche speranze per il nostro futuro.

Coloro che fossero interessati al tema, potranno trovare nel film “Juniper – un bicchiere di gin” un bel racconto che ci ricorda come la morte in solitudine non sia una necessità. Forse con qualche eccesso melodrammatico, la narrazione, nel complesso di buona fattura, rimanda all’idea, assai più diffusa nella storia della nostra specie, che la morte non sia sostanzialmente un fatto individuale. Al contrario, è stata, pressoché ovunque, un rito collettivo, un rito che, nel film, viene ottimamente rappresentato dalla danza Maori dei giovani che partecipano al funerale di Ruth. Un rito collettivo di cura nel quale si rinnova costantemente un autentico miracolo: il lutto, il prendersi cura della persona morente, si trasforma in un passaggio obbligato fondativo di nuova vita e di nuova fiducia per coloro che restano in questo mondo ….. ancora per un po’.

Regia di Matthew Saville, con Charlotte Rampling e Marton Csokas, genere Drammatico, Nuova Zelanda, 2021, durata 95 minuti. Il film, appena uscito in Italia, non è ancora disponibile in streaming.

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2 commenti

  1. Caro Bruno,
    condivido pienamente ciò che scrivi. Aggiungo che l’accento di disperazione che si intravvede nell’agitarsi spesso vano degli individui del nostro tempo dipende non solo dalla paura della morte, un sentimento perfettamente naturale, che anche Gesù ha vissuto, ma dall’orrore dell’annullamento del nostro io, cui teniamo tanto. Mi piacerebbe che ne parlassimo, specialmente delle bellissime virtù connesse ai due estremi della nostra vita (terrena): la riconoscenza per la nascita e l’affidamento per la morte che, come diceva Lucio Dalla, è l’intervallo tra i due tempi della partita della nostra esistenza. Ciao Lucio!

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    1. Author

      “Orrore dell’annullamento dell’IO”. Perfetto! E questo orrore rivela, nella maniera più tragica, la nostra solitudine ordinaria con la quale abbiamo imparato a convivere a caro prezzo.
      Certo che possiamo parlarne e se avrai modo di partecipare ai nostri prossimi incontri, stabiliremo insieme i tempi di questo confronto. Per essere informato degli incontri basta che ci fornisci la tua mail se non lo hai già fatto. Un abbraccio e Grazie del commento.

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