Uno slogan orrendo che rivela il conflitto tra autentico e strumentale

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Dario Nicoli

Lusso per l’anima” è uno slogan commerciale di una volgarità inaudita, incautamente adottato da un hotel in Alto Adige e da un blog di itinerari turistici in Umbria, tanto da poter essere scelto come l’esempio perfetto della lotta che si sta combattendo nella nostra società tra ciò che è autentico e ciò che è strumentale.

Le persone ed i gruppi che ricercano l’autenticità sostengono che viviamo in un mondo in cui tutto tende ad essere artefatto, unilaterale, corrotto da interessi più o meno nascosti. Molti fenomeni del nostro tempo – tra cui la riscoperta del territorio e della comunità, la fusione con la natura, la cura di sé e la ricerca spirituale, ma anche il nuovo interesse per il lavoro manuale – utilizzano questo termine per indicare quel tipo di esistenza in cui il singolo scopre il proprio io più profondo ed il legame vivo con tutto ciò che gli sta attorno. La ricerca dell’autenticità è tutt’altro dell’assecondamento di preferenze e capricci individuali, ma è una strada fatta di una continua lotta – innanzitutto dentro di sé – e illuminata da esperienze di risonanza, che si raggiungono sapendo trovare la luce anche nella sofferenza.

Da parte sua, il fronte della strumentalità non è sostenuto da figure che dichiarano esplicitamente il proprio intento; quest’ultimo si riconosce nell’orientamento dei loro pensieri e delle loro azioni alla ricchezza, al potere, al successo, per il cui perseguimento si giustifica l’utilizzo di ogni mezzo, anche lo sfruttamento degli altri come strumento della propria affermazione personale. Max Weber, per spiegare questo atteggiamento, utilizza il termine “disincanto” con cui intende l’irruzione della razionalità strumentale in ogni ambito della vita, soffocando così le altre razionalità orientate ai valori, alla tradizione e agli affetti, che ora si sono ridotte solo al mondo delle piccole comunità. Ciò a causa del crescente dominio della scienza che ha diffuso nella società e negli individui il calcolo del vantaggio come criterio basilare del proprio ingaggio nel mondo.

In cosa consiste la volgarità dello slogan da cui siamo partiti?

Consiste nell’avvicinamento di due parole, lusso e anima, che in realtà si trovano in opposizione: dove c’è l’una non c’è l’altra, e viceversa.

Secondo l’enciclopedia Treccani, lusso significa «sovrabbondanza, eccesso nel modo di vivere», che corrisponde all’ansia del possesso di qualcosa di superfluo, che si acquista per soddisfare l’ambizione e la vanità più che un reale bisogno, e che soprattutto si esibisce di fronte agli altri per mostrare la propria ricchezza e suscitarne l’invidia.

Mentre l’anima è «il principio vitale dell’uomo, di cui costituisce la parte immateriale, origine e centro del pensiero, del sentimento, della volontà, della stessa coscienza morale».

Nella lotta per l’autenticità ci si deve guardare dal lusso, ma in generale dal riporre la propria speranza sul possesso; inoltre, bisogna evitare di cercare la giustificazione del nostro modo di vita nel successo che gli altri ci riconoscono, ma dal dialogo sincero con le persone con cui condividiamo dei legami elettivi: amicizia, amore, valori e modi di vita. Non a caso nella teologia cristiana lussuria è un vizio capitale, assieme a superbia, avarizia, ira, invidia, gola e accidia.  

Qualcuno può obiettare: “perché prendersela tanto, è solo uno slogan, volgare come tanti altri!”. La risposta è presto detta, ed è affine al famoso detto di origine latina “ne uccide più la lingua che la spada”. Ho definito orrido questo accostamento perché consiste in una corruzione del linguaggio e dei suoi significati. È una specie di omicidio di qualcosa di indispensabile per la nostra vita perché, quando perdiamo l’aura e il senso delle parole, queste non ci parlano più, la nostra anima rimane afona e noi siamo preda di un senso vago del mondo esterno ed anche del nostro mondo interiore. I francesi possiedono una parola molto opportuna per indicare questo omicidio: essi usano emmerdement quando vogliono significare un’invasione di campo, una presunzione, una perdita di controllo dell’ego che produce imbarazzo ed infastidisce in quanto procura del male agli altri. Quindi, alla comunicazione commerciale – non tutta, ma molta parte di essa – possiamo giustamente riferire l’espressione di uso comune “Elle ne sait pas quoi inventer pour emmerder le monde!

2 commenti

  1. Author

    Al solito, l’articolo di Dario stimola toccando temi fondamentali. Siamo alla vigilia del Natale, è nulla risulta più opportuno di questa riflessione sul rapporto tra ciò che è autentico e ciò che è strumentale, tra ciò che è superfluo e ciò che è necessario, tra il lusso e l’anima.


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