Volontariato, Cittadinanza attiva, responsabilità sociale delle imprese: c’è qualcosa che non funziona nelle nostre società?
Il progetto “I Comitati di Prossimità” è stato presentato il 6 febbraio scorso come esito della collaborazione tra il Comune di Biandronno e l’Associazione PensarBene in atto dall’aprile 2023. Quanto segue, però, non intende essere il resoconto della bella serata i cui contenuti, per chi fosse interessato, sono interamente riportati negli indirizzi e nell’articolato del progetto allegato, in fondo a questo articolo. La riflessione che propongo si focalizza, invece, su una singola questione emersa, tra le altre, nel corso dell’incontro. Una questione che considero, per diversi motivi, cruciale e che non vorrei passasse inosservata.

Bruno Perazzolo
Si dice spesso “non tutto li male viene per nuocere”. Paradossalmente non potremmo vivere bene se non provassimo mai dolore. Quel dolore che ci avverte di qualcosa che non funziona come dovrebbe. Da decenni, oramai, assistiamo al declino del Welfare State: lo Stato del Benessere. Quello Stato Sociale che ambiva ad assicurare a tutti (cittadini e non) i sevizi essenziali e una vita dignitosa sempre e comunque, “dalla culla alla tomba”. I motivi del declino sono tanti: una distribuzione della ricchezza sempre più diseguale con un prelievo fiscale che incide sempre meno sui grandi patrimoni; l’utilizzo della spesa pubblica da parte dei partiti orientata più a catturare il consenso dei cittadini che a soddisfarne le reali esigenze (la cosiddetta “partitocrazia” di cui, in passato, si è molto parlato); la scarsa responsabilità degli stessi cittadini che, frequentemente, vedono nell’amministrazione pubblica un soggetto estraneo da “spennare” a dovere “tanto non si tratta di roba mia”. Sta di fatto che, a patire del declino dello Stato Sociale, è la maggior parte delle persone. Le liste di attesa negli ospedali che si allungano sempre di più, le buche nelle strade che si riparano sempre di meno, la qualità della scuola che peggiora etc. etc. etc. Tutto ciò causa sofferenza diffusa, ma indica, anche, che qualcosa di molto profondo, nella nostra “civitas”, non funziona come dovrebbe o come, per qualche decennio, abbiamo pensato dovesse e potesse funzionare. Ma di cosa si tratta? Qual è il male che sta alla radice?
Per mezzo delle interviste fatte dalla nostra associazione, PensarBene”, in diversi paesi e città del Nord Italia, non abbiamo certo visto tutto, ma, forse, qualcosa di importante lo abbiamo visto. Dove tante persone si dedicano al Volontariato, dove Imprese radicate nel territorio sentono la responsabilità sociale che questo fatto comporta, dove la Pubblica Amministrazione si apre al desiderio di partecipazione dei residenti si vive decisamente meglio. La gente – soprattutto gli anziani o coloro che vivono particolari condizioni di disagio – si sente meno sola, meno minacciata, meno arrabbiata con l’intero universo. Che cosa, dunque, non funziona nel “vecchio Stato Sociale” che prometteva a tutti, se non la felicità, almeno una buona dose di tranquilla serenità? In base ai dati che abbiamo raccolto, sembra che alla radice non funzioni la “Cittadinanza Passiva”, ovvero il fatto, alquanto riduttivo, di pensare al Cittadino come ad “un semplice Consumatore”. Uno che si rivolge alla Pubblica Amministrazione per domandare, pagando le tasse, quei beni e quei servizi che non riesce ad acquistare al Centro Commerciale. In effetti è strano! Questa recente versione consumistica del cittadino, ridotto alla stregua di un cliente del supermercato, non è mai esistita prima. Sin dall’antica Grecia e poi nella “Civitas Romana”, l’essere cittadini comportava dei diritti e, soprattutto, dei doveri. In primis, il dovere di prendersi cura, di partecipare al bene pubblico. Il motivo era abbastanza semplice: si riteneva che solo dal prendersi cura del bene comune potesse venire quel senso di appartenenza, di autentica solidarietà, di lealtà verso la comunità necessari ad assicurare il futuro della propria città e/o civiltà.
I Comitati di Prossimità nascono esattamente dalla medesima, antica, consapevolezza appena esposta. La domanda o, forse, la provocazione che viene dal progetto è, dunque, la seguente: “di che cosa ti vuoi prendere cura insieme a chi ti sta vicino?” Sappiamo tutti che, per vari motivi, viviamo in un tempo difficile e pieno di preoccupazioni. Ci sentiamo quasi sempre impotenti, come se la realtà ci venisse incontro senza che noi si possa fare nulla; nemmeno scansarla. Però, anche nel nostro piccolo paese ci sono segni di speranza. Alcuni donano il sangue, altri soccorrono le persone in difficoltà, altri ancora offrono alle giovani occasioni per fare sport, musica etc. etc. etc. Tutto questo ci parla e ci interroga. Dimostra, inequivocabilmente, che non è vero che non possiamo fare niente. Dimostra che dipende molto anche da noi. Dimostra che possiamo migliorare la nostra vita, che possiamo stare e sentirci meglio se smettiamo di delegare, se smettiamo di lamentarci e, rimboccandoci le maniche, iniziamo a prenderci cura del luogo dove abitiamo e di chi ci sta vicino. È il modo più semplice ed efficace per migliorare la nostra stessa vita. Chi fa volontariato lo sa, ma è una cosa semplice che possiamo capire tutti: basta che proviamo ad uscire dalla nostra gabbia sempre più arrugginita per fare come fanno loro passando dalla Cittadinanza Passiva alla Cittadinanza Attiva.
Per accedere al progetto “I Comitati di Prossimità”
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Ritengo che fare volontariato sia un modo per rimettersi in discussione, in un contesto senza capi e padroni, sia un modo per mettere in atto ciò che si è, mettere alla prova le proprie attitudini, il proprio cuore, anche a vantaggio di altri.
Ero presente all’incontro e alla domanda di un signore seduto tra il pubblico che chiedeva “ma come si può fare per convincere gli altri al volontariato?”, risponderei come probabilmente avrebbero risposto i nostri vecchi. “Dai l’esempio.” Esci dalla gabbia.
Donata
Grazie Donata. Certamente, l’esempio conta più di tutto. E poi è vero. Nel volontariato viene fuori una parte di noi che, spesso, non sospettavamo nemmeno. Una parte che ci rende la vita più degna di essere vissuta.
Nelle piccole realtà di paese ci si conosce bene tutti! C’è chi come Bruno e i suoi vicini si rimbocca le maniche per il decoro della via dove abita , e ci sono poi i famosi “ leoni da tastiera” che pubblicano foto e commentano senza proporre soluzioni ma solo x il gusto di criticare ! Se invece nel proprio piccolo ognuno si rendesse utile consapevole di rendere la propria via ( piazza o strada) più in ordine e pulita si sentirebbe più partecipe alla realtà della propria città ! A volte con piccoli gesti si ottengono grandi risultati
Grazie Giulio, condivido completamente.