di Bruno Perazzolo e Emanuela Gervasini
di Bruno Perazzolo e Emanuela Gervasini
Regia di Roman Polanski, drammatico, durata 79 minuti, del 2011. Il film, che consigliamo vivamente, si basa sull’opera teatrale “Il dio del massacro” della drammaturga e scrittrice francese Yasmina Reza. La pellicola mette in scena un panorama di personaggi che ben riflette la complessità culturale con cui ci stiamo tutti, necessariamente, confrontando. Ad un estremo il “politicamente corretto”, impersonato da Jodie Foster (Penelope), che vorrebbe, partendo da una sorta di “igiene linguistica”, innalzare tutto, istituire un uomo nuovo in un mondo progressivamente sottratto alla barbarie. All’altro estremo, la posizione cinica, hobbesiana – “homo omini lupus” – impersonata da uno smagliante Christoph Waltz (Alan nel film), totalmente sfiducioso del progresso e ancora di più della possibilità di civilizzare l’umanità. In mezzo un John C. Reilly (Michael) – che a malapena riesce a nascondere il proprio cinismo dietro l’apparente adesione alla visione buonista della moglie, Penelope, con l’unico scopo del quieto vivere familiare – e una Kate Winslet (Nancy) eccellente nella parte della “persona civile”, ma senza esagerazioni ideologiche. I quattro si scannano a dovere all’interno di un appartamento riguardo ad un criceto impietrito, abbandonato in strada da Michael (proprietario del criceto), e, soprattutto, di incidente occorso al figlio di Penelope e Michael a causa di un violento litigio con il figlio dell’altra coppia. In questo contesto, le schermaglie dialettiche – che infarciscono un evento sostanzialmente caratterizzato dalla belligeranza e dall’incomunicabilità – sono, al tempo stesso, argute, gustosissime e decisamente grottesche sino al limite del comico. Il film termina com’era iniziato: all’interno dell’appartamento domina il conflitto di tutti contro tutti. La chiave dell’opera sta però fuori, nel giardino, in alcune istantanee iniziali che riprendono la lite tra i ragazzi delle due coppie e in alcune brevissime riprese finali che mostrano il criceto abbandonato contento di godersi la libertà del prato davanti casa e i due ragazzi spontaneamente riappacificati. L’icona conclusiva di quel che accade “là fuori, nel mondo più grande”, è pertanto quella di un equilibrio tra “istinto e cultura” che, quando viene rotto, sia pure all’insegna di un’ostentata “civiltà” che domina nel “piccolo mondo dell’appartamento”, fa sempre emergere negli uomini le peggiori “pulsioni autodistruttive”.