di Dario Nicoli
Meritano davvero di essere visti gli otto episodi della serie creata da Matt Manfredi e Phil Hay per Disney+ basata sull’omonimo romanzo per ragazzi scritto da Trenton Lee Stewart.
È una moderna epopea in cui si narrano le gesta eroiche di quattro ragazzi e quattro adulti, più una insegnante che si aggiunge lungo la vicenda, in un drammatico combattimento contro l’ “Emergenza”, un’oscura e potente organizzazione dedita alla conquista del mondo tramite un apparato psicotecnico in grado di provocare a livello planetario il totale condizionamento dei pensieri e dei comportamenti.
La trama è molto avvincente e dotata di quella profondità e coerenza interna che ritroviamo solo in film tratti da libri di veri scrittori. I quattro adulti sanno che non possono portare a termine da soli la lotta, ma hanno assoluto bisogno dei quattro ragazzi – stranamente tutti orfani – reclutati a seguito di una rigorosissima selezione alla ricerca della genialità. Questo è il messaggio centrale che ricorda sia la saga di Harry Potter sia il Signore degli anelli anche se, in quest’ultima, non si tratta di bambini, ma di mezzuomini. Nel nostro caso, il motivo sta sia nel fatto che il “male” non si aspetta di essere attaccato da bambini sia nei talenti indispensabili per contrastare un potere che pare inattaccabile, ma che apparirà vulnerabile alla creatività, al coraggio, all’unione di questo gruppetto di piccoli eroi in grado di sferrare attacchi multipli e imprevedibili.
Il pericolo che minaccia il mondo è centrato sulla comunicazione, che l’autore considera quindi il vero potere della nostra società, quando è ingigantito dall’incontro di neuroscienze e ingegnerie, tenute insieme da una mente in grado di convincere i collaboratori nel partecipare alla missione volta di liberare la società da masse di individui sempre agitati ed incapaci di perseguire uno scopo comune.
Ma qual è il vero potere dei “buoni”? Esso comprende un alto tasso di intelligenza, ma non quella monolitica e standardizzata dell’ “Emergenza”, piuttosto un’intelligenza allargata al piano delle forze psichiche individuali, della memoria e dell’affezione reciproca ovvero dedizione, sincerità e compassione. Tutti fattori che diventano potenti non solo perché i nostri condividono il sentimento della giusta battaglia, ma anche nel rifiuto di soluzioni violente che contraddirebbero i valori a cui i buoni si ispirano.
È una metafora della società democratica nella sua accezione pura, costituita da personalità molto differenti per temperamento e cultura, che solo se unite possono sviluppare un “potere amorevole” e quindi umano.
Una grande comunità in cui ogni vita individuale è preziosa, la consapevolezza della propria fragilità guarisce l’anima dalla superbia e dal desiderio di possesso, il perdono che cancella la memoria degli errori. Ma un messaggio che affida la possibilità di salvezza dal male alle gracili forze di un piccolo gruppo di eroi, soddisfa veramente l’esigenza di punti di riferimento saldi per sperare in un futuro migliore? Non è una versione debole degli umanismi della modernità?