di Bruno Perazzolo e Dario Nicoli
Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, genere drammatico-storico, Gran Bretagna 2017, durata 114 minuti. In questo angosciante frangente di guerra europea, consigliamo vivamente la visione di questo film per il paragone che consente di fare tra il momento in cui l’Inghilterra era minacciata dai bombardamenti della Germania nazista e la tragedia dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Non vogliamo però sostenere che Putin sia un nuovo Hitler perché, tra i due, vi sono differenze radicali sul piano delle motivazioni e dell’azione militare e politica. L’argomento che vogliamo affrontare è piuttosto il tema che il regista ha saputo trattare in maniera magistrale ovvero la metafora che, come ogni altra opera di grande valore simbolico, il film sottende. Qual è il rapporto tra l’identità di un popolo e le sfide che esso può affrontare? Possiamo pensare veramente che i sacrifici che le persone – la gente che di quel popolo fa parte – sono disposte a sopportare siano da valutare unicamente in termini di “prezzo da pagare”? Sicuramente il popolo inglese di allora possedeva un’identità nazionale molto forte e profonda; inoltre la percezione del dramma della seconda guerra mondiale, e la minaccia di invasione con conseguente sottomissione, erano molto presenti nella coscienza di tutti. Diversamente, le sirene del benessere e decenni di individualismo utilitaristico e scetticismo relativista, elargiti a piene mani dalla maggioranza delle nostre élite “democratiche e occidentali”, hanno intorpidito la nostra capacità di capire che l’aggressione della Russia è un attacco alla stessa democrazia, ovvero lo sfondo su cui si poggiano le nostre preziose libertà individuali. Per questo sono così forti, da noi, le voci concentrate unicamente sugli “effetti economici” della tragedia in atto, mentre non nascondiamo il pensiero secondo cui, in fondo, tutto questo riguarda un paese poco significativo come l’Ucraina, alla quale inviamo volentieri tutta la nostra solidarietà, mentre invece i buoni affari che intratteniamo con la Russia giustificano la ricerca di una strada di compromesso. Nel film, però, si evidenza bene come le sirene della “convenienza” possano, almeno in alcune circostanze, portare intere nazioni all’estinzione. Mentre la chiara percezione della libertà minacciata alla sua radice indica la giusta strada da percorrere. Tutto sta nel comprendere come non sempre interessi di breve e interessi di lungo periodo corrispondono, così come, spesso, non corrispondono l’interesse del singolo e l’interesse di un popolo. In quest’ottica, ben più profonda della questione dell’analogia tra Putin e Hitler, il dramma dell’Ucraina ci interroga e ci obbliga ad una scelta. Ci obbliga ad una decisione in base alla quale saremo giudicati dalle generazioni che verranno dopo di noi perchè una cosa è chiara: i popoli sopravvivono se sanno cogliere con chiarezza in cosa consiste la radice culturale, morale e politica del loro stile di vita, mentre sono – “darwinisticamente” parlando – votati all’estinzione quando pensano come singoli individui mossi da un’idea ristretta – ed anche vigliacca – di convenienza.
A mio modestissimo avviso è tardi. L’ideologia utilitaristica, il relativismo culturale e il narcisismo (non solo anarchico, ma in generale) si sono diffusi a più livelli facendo leva sulle paure della gente. Nel film (bellissimo) se ricordo bene Giorgio VI dichiara che se c’è un uomo capace di far paura a Hitler è Churchill….ecco per arginare le mire espansionistiche o conservatrici farebbe comodo un Sir Wiston Churchill. Con tutti i suoi limiti, perché come politico non ha avuto sempre successi e ragioni. Ma al torpore della resa ha contrapposto un “no” credibile. Primi ministri come Churchill oggi dove sono? Capaci di ispirare ad una resistenza eroica, di assumere delle pesanti responsabilità e di non infilare la testa nella bocca della tigre?
Cara Gabriella, capisco le tue perplessità e il grande problema che sollevi riguardo alla qualità dei nostri leader che ovviamente non abbiamo preteso di affrontare nella recensione. Quel che invece abbiamo cercato di fare, tramite il consiglio della visione del film, è di evidenziare l’incoerenza tra il proclamare la propria adesione ai valori della democrazia e il sostegno a un popolo in guerra per dire poi, un minuto dopo, che non si è disposti a pagare alcun prezzo per tutto questo. In altre parole il film dimostra bene come quando più l’identità di un popolo e chiara e ferma, tanto maggiori sono i sacrifici che le persone, che di quel popolo fanno parte, sono disposte a sopportare a difesa dei propri VALORI senza applicare alle proprie condotte alcuna logica costi – benefici. Per contro, laddove prevale il calcolo mercantile, significa che ci si trova in un territorio profano rispetto al quale la dimensione valoriale dell’agire, per quanto possa essere retoricamente ostentata, resta sostanzialmente assente. Sennonché un popolo senza valori è un popolo destinato all’estinzione. In quest’ottica la solidarietà concreta che in questi giorni molti cittadini europei stanno dimostrando verso i profughi ucraini è un segno incoraggiante di speranza e, forse, persino di rinascita.