
Un film sulla vita, il potere e la poesia che nella festa (quando la festa è vera festa) diventa alla portata di tutti.
Bruno Perazzolo
Forse non tutta la poesia, come sostengono alcuni, è l’erede della festa arcaica. Anche rimanendo nell’ambito della “grande arte”, che esprime il sentire dell’uomo integrale, vi sono esperienze a tal punto dolorose che il poeta sa esporre, ma che difficilmente troverebbero un corrispettivo nella festa arcaica. Credo, però, che sia sempre vero il contrario: la memoria della festa arcaica sopravvive sempre, quasi esclusivamente, nei momenti ispirati dalla grande poesia come sono quei momenti in cui l’uomo riesce, sollevandosi sopra di sè, a cogliere una dimensione Extra-Ordinaria, quell’Incanto, quella Meraviglia che rende tutte le sue quotidiane difficoltà, l’”ordinaria fatica di vivere”, sopportabili e che, alla fine, gli fa intuire che forse “non è stato tutto sbagliato e che non sarà tutto inutile”.
Mahin è vedova da trent’anni. Vive a Teheran. La sua vita si sta chiudendo. Figli e nipoti vivono lontano, all’estero. Li sente, per telefono, impegnati in mille cose che lasciano poco spazio alla conversazione. Anche le sue frequentazioni fuori casa si sono ridotte a fare la spesa o poco più. Il giro di amiche con le quali, in passato, condivideva serenamente molto del suo tempo da pensionata, oramai, per vari motivi, riesce a ritrovarsi solo una volta l’anno, in occasione di un pranzo che, a malapena, per qualche ora, riesce a colmare l’amarezza di tanti mesi di separazione. Mahin, però, non è disperata, non intende rinunciare a ciò che di meglio la vita può riservare all’uomo. Mahin ha una grande idea: celebrare una festa con tutto ciò che la festa comporta: invitati (l’anziano tassista Faramarz, conosciuto appena poche ore prima e che, come lei, vive in solitudine), buon cibo e buon vino abbondante, musica, danza e un semplice dialogo intessuto di tanta gentilezza. Teheran, però, è pur sempre Teheran. L’indiscrezione di una vicina bigotta e impicciona, le minacce di arresto della polizia morale che, nello sfondo della narrazione, incombono ovunque, sembrano suggerire, con abbondante anticipo sul finire della pellicola, che neppure la poesia possa fare miracoli di fronte ad un potere che aumenta sé stesso solo nella misura in cui diminuisce l’umanità delle persone che gli sono sottoposte. Regia di Maryam Moghaddam, Behtash Sanaeeha con Lili Farhadpour, Esmaeel Mehrabi, Mohammad Heidari, Mansoore Ilkhani. Genere drammatico, Iran, Francia, Svezia, Germania, 2024, durata 97 minuti. Il film, interpretato e diretto magistralmente, è uscito nelle sale cinematografiche lo scorso gennaio ’25.