di Bruno Perazzolo e Emanuela Gervasini
Regia di Charles Ferguson, con Matt Damon. Genere Documentario, USA 2010, durata 120 minuti. Vincitore del Premio Oscar del 2011 per il miglior documentario, inspiegabilmente non ha goduto, a quanto ci risulta, di una adeguata diffusione nelle sale cinematografiche italiane. La pellicola è comunque, per fortuna, accessibile su Netflix.
Si tratta, con ogni probabilità, del docufilm più completo sulla crisi finanziaria del 2007 – ’08. Mentre la parte documentario è evidentissima, quella più prossima alla rappresentazione cinematografica classica la si può desumere soprattutto dalla splendida fotografia e dal montaggio delle interviste realizzati con grande maestria ed efficacia. Se “The Wolf of Wall Street”, per analogia, fa riferimento alla storia di un personaggio realmente vissuto nel 1980, “The big Short” si sofferma sugli aspetti finanziari della crisi e “Panama Papers” riguarda la vicenda dei molti risparmiatori privati dei loro risparmi, “Inside Job” illustra esaustivamente tutti gli aspetti – politici, giudiziari, finanziari e dell’economia reale – implicati nel crollo delle maggiori banche a partire dagli USA. Tra i principali imputati, la Deregulation, iniziata negli anni ’80 circa e prodotto di un’onda lunga anarchica e narcisistica che ha caratterizzato la cultura dell’occidente, soprattutto la seconda metà del ‘900 (al riguardo non si può non menzionare un’altra importante pellicola “Wall Street”, regia di Oliver Stone con Michael Douglas, USA 1987). In questo contesto il mercato viene prima concepito e poi effettivamente ridotto ad un autentico Far West dove le peggiori truffe possono essere consumate nella piena legalità. Da qui l’impassibilità degli intervistati, protagonisti della crisi che, nella peggiore delle ipotesi mostrano qualche imbarazzo, mentre, nella maggior parte dei casi, oltre a non evidenziare alcun senso di colpa, ostentano il loro agire come affatto naturale.
Nel 1994 Christopher Lasch scrive “La ribellione delle élite: il tradimento della democrazia”. A distanza di poco più di un decennio, i contenuti di questo classico della sociologia – la cui tesi centrale è quella dell’abisso che si è determinato tra élite e popolo – troveranno, nella crisi didatticamente ben esposta dal documentario, il loro drammatico compimento marcando tutta l’alterigia, l’isolamento e l’irresponsabilità sociale e ambientale di cui è capace buona parte della nuova classe dirigente economica – politica e accademica. Un fatto, questo, che forse può aiutare a comprendere – anche se non necessariamente a giustificare – la crescente diffidenza della “gente comune” verso “l’autorità delle istituzioni”.