Di Bruno Perazzolo e Emanuele Gervasini
Tra i vari episodi della serie televisiva #Generazione Bellezza, su Rai Tre (l’episodio si può vedere su Rai Play: Generazione Bellezza: puntata del 26 – 12 – ’21), tutti incredibilmente affascinanti, quello intitolato “Il Sogno di una Comunità”, ci ha fatto venire in mente che, forse, a differenza di quanto sostengono molti filosofi della modernità e della postmodernità, “DIO NON È MORTO PER DAVVERO”. E’ solo scomparso, nascosto da altri nomi, ma può ricomparire. E’ il caso del Comune di Sciacca, in Sicilia, provincia di Agrigento, ad aver suscitato in noi questo pensiero “stravagante”.
Il tutto parte da una specie di “Salvatrice”. Anzi, da alcune/i “Salvatrici/tori”. Viviana Rizzuto, Anna Salvaggio, Désirée Li Bassi, Ignazio Raso, Simone Perronace, tutte persone tornate a Sciacca, al loro paese di origine, da impegni di studio e lavoro lontani e, in qualche caso, persino internazionali. Una visione le unisce: rigenerare, intorno alla cura dei beni comuni (l’ambiente, i monumenti, le acque termali, la tradizione dell’artigianato ecc.), il sentimento di un’appartenenza collettiva, di una comunità che si rispecchia nel suo territorio e che ritrova, nella bellezza, nell’impegno in un’ambiziosa impresa condivisa, il rispetto di se stessa e la fiducia reciproca di ciascuno negli altri concittadini. Su questa base inizia un lavoro enorme ed esemplare: realizzare un “Museo Diffuso 5 Sensi” intorno al quale far rinascere l’intera attività produttiva locale. In altri termini, una specie di “esperienza profetica” ispirata da un diverso racconto, da uno spirito nuovo improntato da una mutata sensibilità. Dimensioni che prima non erano nemmeno immaginabili diventano inaspettatamente plausibili: un’economia diversa, che sa prendersi cura di ciò che la sorregge e che, perciò, diventa sostenibile, la consapevolezza della propria responsabilità che sostituisce al lamento, all’assistenzialismo, alla dipendenza, l’orgoglio della propria autonomia. Sciacca, dunque, come un’esperienza profetica? Ce lo auguriamo veramente! Se l’esperienza profetica, come dice bene Luigino Bruni, “INDICA UN NON ANCORA STANDO SU UN GIÀ” (in altre parole è come se dicesse “IO HO APPENA COMINCIATO, MA IL BELLO DEVE ANCORA VENIRE”), allora l’esempio di cittadinanza attiva e partecipata, di sussidiarietà circolare che viene dalla Sicilia, come da paesi e città di altre regioni d’Italia, speriamo possa risultare a tal punto contagioso da restituire forza ad una cultura democratica che, oggi come ieri, con ogni evidenza, non può trarre sufficiente linfa vitale dalla sola cabina elettorale.
senso di dentità, storia, prendersi cura del patrimonio pubblico , farlo vivere. Motivi per i quali mi sono speso per costituire il circolo culturale. Valori senza dei quali una comunità non esiste e degrada come un corpo morto.
Concordo con Pietro. Una comunità esiste nella misura in cui si prende cura dei beni comuni. Detto questo mi pare importante sottolineare che i beni comuni possono essere distrutti o privatizzati, ma anche ricostruiti e, persino, se ne possono trovare di nuovi.