Lasciare un segno del proprio passaggio: l’importanza della memoria “per chi viene dopo, ma anche per chi viene prima”.
di Bruno Perazzolo
Nicholas Winton è un “accumulatore seriale” in senso buono (oggi il vero problema sono i “buttatori seriali”, i discepoli dell’usa e getta). In molti lo siamo, “accumulatori seriali”, perché “una cosa che possiedi non si sa mai in quali circostanze possa tornarti utile”. Eppure, arriva per tutti il momento nel quale bisogna liberarsi dalle montagne di cose che abbiamo disordinatamente ammucchiato nel tempo nel vano tentativo di non perdere nessuna, imprevista, opportunità. Arriva per tutti il momento in cui cercare – tra le mille “robe” che normalmente ingombrano la nostra vita e che, improvvisamente, ci appaiono del tutto inutili – un taccuino, una foto che possano giustificare l’intera nostra esistenza. Arriva per tutti il momento in cui scavare significa buttare via con la speranza di trovare qualcosa che valga veramente la pena di conservare. Nicholas Winton la trova quella cosa. È una bella, vecchia cartella di cuoio da colletto bianco riposta in un cassetto e piena di ritagli di giornale, annotazioni, foto che gli riportano alla mente la sua grande impresa: salvare dalla deportazione nazista più di 650 bambini, in maggioranza ebrei. Analogamente a Oskar Schindler, Nicholas Winton è un GIUSTO. Appartiene, cioè, a quella cerchia di uomini che, per empatia e/o per adesione ad una visione del mondo generosa, rendono l’umanità migliore indicando l’unico modo per vincere la morte e la solitudine: fare, individualmente o come parte di un collettivo, qualcosa di buono e di bello che valga la pena di essere ricordato come parte della storia se non proprio di tutti, di una discreta quantità dei nostri simili. Qualcosa, insomma, che, magari in futuro, possa essere riconosciuto, dalle persone che maggiormente rispettiamo, come parte della loro stessa esistenza. In questo senso, il racconto, interpretato con la consueta maestria da un superbo Anthony Hopkins (Nicholas Winton vecchio) e reso ancora più autentico da un eccellente Johnny Flynn (Nicholas Winton giovane), rimette in scena una vicenda umana già vista, ma che vale sempre la pena di riproporre PUNTIGLIOSAMENTE. Regia di James Hawes, con Anthony Hopkins, Helena Bonham Carter, Johnny Flynn, Jonathan Pryce, Lena Olin. Genere drammatico, USA 2023, durata 110 minuti. Uscito nelle sale cinematografiche italiane lo scorso dicembre, lo si dovrebbe poter vedere a breve in streaming sulle maggiori piattaforme tipo, Netflix, Amazon Prime Video, Rakuten, Apple.
Interessante sapere che questa cosa del cercare tra le cose accumulate, arrivi per tutti. Io non l’avevo mai vista in questo modo cioè del trovare qualcosa che io abbia fatto che ne sia valso veramente la pena. Di solito il momento del “buttare” lo vedo come un lasciar spazio a qualcosa di nuovo che sarà più importante di tutto quello che ho fatto in precedenza. È anche vero che non mi capita spesso, però questa lettura mi ha aperto una nuova prospettiva.
Cara Sara, grazie del tuo commento che capisco bene. Credo che il tuo diverso atteggiamento, ahimè, dipenda fondamentalmente dall’età. Il protagonista del film ha la mia età. Quella in cui si iniziano a fare dei bilanci. Non sono atteggiamenti incompatibili. Anzi. Per una giovane come te capisco bene che buttare significa lasciare spazio per qualcosa che si ritiene più importante. Credo proprio che questa sia la cosa giusta piuttosto che riempirsi la vita di mille cose che valgono poco o niente. Un abbraccio