di Bruno Perazzolo e Emanuela Gervasini
Regia di Emmanuel Carrère, genere drammatico, Francia, 2021, durata 106 minuti. Un film da vedere per chi vuole disporre di qualche spunto di riflessione in più sulla crisi delle democrazie e dell’idea di Europa, ma anche, per esempio, sulle elezioni presidenziali francesi.
La protagonista Marianne, scrittrice stanca di sentir parlare in astratto di crisi, disoccupazione ecc., vuole conoscere da vicino la nuova “condizione operaia”. Decide, pertanto, di assumere, sotto mentite spoglie, la parte di una persona appena separata in cerca di un salario che possa fornirle indipendenza economica e, possibilmente, l’opportunità di rifarsi una vita. Si presenta quindi ad un “Pôle d’emploi”, un Centro per l’Impiego francese, da dove ha inizio una “durissima discesa” nell’abisso del lavoro precario, flessibile e globalizzato degli invisibili. Un orrido appena mitigato da una storia di “solidarietà operaia” e di “amichevoli rapporti interetnici” scarsamente rappresentativa di un mondo dove, piuttosto, tendono a prevalere le tinte scure di una “concorrenza tra gli ultimi” impietosamente al ribasso e, dove, la “scarsità di tutto” può, con maggiore probabilità, scatenare conflitti tra “nativi e immigrati”, donne e uomini, giovani ed anziani ecc. ecc.
La storia parla di amicizie profonde, di una mescolanza di classi – dove la “scrittrice mascherata” rappresenta l’élite – che consente di portare l’occhio della telecamera all’interno di un mondo normalmente rimosso. Una mescolanza di classi che, però, alla fine, risulterà impossibile. “Tra due mondi” rimane dunque un film profondamente realista nell’evidenziare il drammatico contrasto tra due universi. Da un lato il mito diurno della modernità e della postmodernità, tutto tecnologia, consumi, salute, benessere, progresso, libertà e “buona educazione”; dall’altro lato l’oscurità di una nuova schiavitù e di un’infinita solitudine. In mezzo una “superlativa” mancanza di rispetto per i propri simili e per il loro lavoro.
Grazie per il suggerimento signor Perazzolo, sicuramente è un film interessante e che ci fa comprendere appieno quella che ha la situazione di “nuova schiavitù” del lavoro che ha caratterizzato il nostro mondo nei ultimi secoli. Sicuramente uno spunto su cui riflettere in modo critico e costruttivo.