di Bruno Perazzolo

La regia di Gábor Reisz, mette in scena una storia semplice: Budapest, Abel, un ragazzo di 18 anni, è innamorato dell’amica Janka, che, però, è innamorata del suo prof. di storia. Probabilmente inconsapevole, Abel sembra “vendicarsi”. Non gli piace la storia e all’esame di maturità, proprio su questa materia, non spiccica parola. Il resto della pellicola lo fa lo sfondo dell’Ungheria di Orbàn  e una coccarda con i colori nazionali appuntata sulla giacca del ragazzo maturando. Un piccolo particolare, quello della coccarda, un particolare “materialmente insignificante”, che però basta a collegare il fatto al suo contesto mostrando quanto possano incidere le narrazioni collettive, cui le nostre storie individuali necessariamente si intrecciano, sui significati, sovrabbondanti e spesso del tutto imprevedibili, che gli eventi che ci tocca di vivere possono assumere.

Il meritato riconoscimento ottenuto dal film (premiato alla mostra di Venezia ’80) credo stia in larga misura proprio qui: nella capacità di Gàbor Reisz di usare la cinepresa con sobrietà e “imparziale profondità” restituendo allo spettatore, con immagini, simboli e dialoghi “minimali”, l’intero clima culturale da “caccia alle streghe” nel quale si sta sviluppando la vicenda illiberale ungherese.

Genere Drammatico, Ungheria – Slovacchia 2023, durata 128 minuti, il film è uscito nelle sale cinematografiche lo sorso mese di maggio.

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