di Dario Nicoli
Le elezioni politiche anticipate stanno mostrando movimenti interessanti che possono aprire ad una nuova stagione non più antisistema o populista, ma nazionale, per molti versi coerente con la traccia dell’attuale governo.
L’anticipo nasce dalla volontà di “riallineamento” del Parlamento agli orientamenti politici del Paese, che per tradizione tende verso il centrodestra, uno schieramento che ha mancato spesso di una leadership all’altezza perché nostalgica e basata sulla critica degli avversari piuttosto che su una proposta costruttiva e responsabile. Per fare ciò, occorreva far cadere il governo Draghi, ovvero la migliore figura di leader italiano degli ultimi decenni, il cui merito consiste nell’aver tracciato una strada di rilancio economico, tanto decisiva da impegnare i governi a venire.
La scena della competizione elettorale presenta due importanti novità. In primo luogo il nuovo sistema elettorale che impone la riduzione dei seggi a disposizione ed anche l’aggregazione delle forze apparentabili entro liste comuni, dotate di una leadership chiara e rassicurante rispetto alla volontà prevalente dei cittadini che richiede serietà nei programmi, continuità nella strategia di rilancio dell’economia e ancoramento all’Europa. Questi temi ricorrono spesso nella propaganda elettorale, come pure l’uso, questa volta in negativo come accuse agli avversari, delle due parole che hanno caratterizzato la scena precedente: populismo e antipolitica.
Ed ecco il secondo tema, che concerne gli schieramenti in gioco. Partiamo dai 5stelle, che anche nel declino hanno voluto essere coerenti con la loro natura antipolitica: “i sondaggi vanno male, allora rompiamo tutto”, chiudendosi così in un isolamento che presumibilmente li porterà ad accentuare la loro insignificanza.
Lo schieramento di sinistra ha mostrato una crisi di leadership, apparsa soprattutto lenta nel comprendere la nuova situazione. Enrico Letta ha adottato il vecchio rituale della negoziazione con tutti i gruppi della galassia, coerente con il concetto di “sinistra plurale” con cui si baloccano i cugini francesi (che non a caso finiscono ripetutamente terzi), dove si sono pericolosamente intrecciati e confusi il piano dei contenuti e quello dei posti da assegnare a ciascuno. Chi ne ha davvero beneficiato sono Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli che hanno ottenuto visibilità e posti nonostante il loro infimo peso elettorale.
Al Centro si stanno facendo le prove di alleanza tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, per i quali le elezioni possono rappresentare il necessario rito di passaggio per diventare adulti. Ma è a destra la più importante novità, espressa da Fratelli d’Italia, una formazione che ha saputo costruire negli anni un cammino di avvicinamento al governo, beneficiando soprattutto dello scontento degli elettori della Lega di Matteo Salvini, il vero rappresentante del populismo becero e ignorante, come è apparso a tutto il mondo nella figuraccia col sindaco di Przemysl. Mentre Giorgia Meloni fa di tutto per rassicurare tutti sui tre punti sopra indicati: serietà nei programmi, continuità e ancoramento all’Europa. Su questi temi si ritrova anche Forza Italia, il cui leader Silvio Berlusconi ha in mente soprattutto la riabilitazione a futura memoria. È quindi possibile che, vincendo il centrodestra, la barra del governo almeno per un anno sia stabilmente orientata in una direzione che favorisca una sorta di “intesa nazionale” di fondo con la gran parte degli altri schieramenti. Una novità importante, ed anche coerente con gli interessi del Paese.
L’articolo di Dario mi sembra proprio il genere di “presa di posizione” adatta a sviluppare una bella discussione, anche in vista delle prossime elezioni, cui la nostra associazione non può certo sottrarsi in considerazione dei temi che la animano. Come direbbe C. Lasch, Pensarbene vuole essere un “luogo terzo” dove persone, per molti aspetti diverse, si mescolano generando quello scambio di idee tra uomini liberi ed eguali che è vitale per la democrazia sempre e comunque. Per quanto mi riguarda, auspico che questa discussione avvenga sotto forma di altri articoli o commenti ad articoli pubblicati nel sito in modo da rendere il nostro confronto più meditato, responsabile, costruttivo e utile a ciascuno di noi. Proprio in vista di questo obiettivo, mi prenderò qualche giorno di riflessione prima di esprimere il mio punto di vista sui contenuti proposti da Dario. Voglio pensarci bene.
Le prossime elezioni andrò certamente a votare, ma non sarà una scelta facile per me. I due poli di centro sinistra mi pare insistano sul profilo tradizionale: diritti civili e sociali, welfare, accoglienza, multiculturalismo, ecologismo e un profilo di politica estera non privo di ambiguità, per esempio, riguardo alla questione degli armamenti NATO e dell’invio di dispositivi militari all’Ucraina. Alcuni contenuti li trovo condivisibili altri meno, ma quello che mi lascia maggiormente perplesso è l’insistenza, decennale, quasi istintiva, su un profilo sempre uguale a se stesso, che incentiva una parte sempre più cospicua e minacciosa della destra illiberale. Quanto alla destra nel suo complesso penso che stiamo assistendo a quanto si sta verificando in tutto l’occidente e che, ovviamente, non può non trovare riscontro anche nel nostro paese: Una parte si radicalizza in chiave autoritaria, mentre l’altra è alla ricerca di un profilo culturale che fatica a trovare. Due parole sulla destra che si radicalizza. Si accusano spesso gli italiani di avere la memoria corta, ma allora perchè dovremmo dimenticare che solo 4 anni or sono FdI ha proposto una revisione costituzionale che stabiliva la prevalenza del diritto nazionale su quello europeo, le magliette di Salvini ecc.. Certo la situazione resta ambigua e confusa, ma pensare che questa parte dello schieramento politico sia diventata inopinatamente più responsabile semplicemente perchè – sotto elezioni e mirando ad ottenere in Parlamento la maggioranza assoluta che consentirebbe di modifica costituzione – sta adottando toni più moderati mi sembra un po’ troppo generoso. Quanto poi al cosiddetto terzo polo, mi pare stia puntando tutto sulla buona amministrazione. Cosa certo lodevole e persino necessaria, soprattutto in questo momento, ma cosa c’entra “la buona ragioneria” con il profilo culturale fortemente innovativo di cui una destra, saldamente ancorata alla tradizione democratica, avrebbe bisogno per crescere e consolidarsi conferendo maggiore solidità all’intero sistema politico fondato sul pluralismo e la tolleranza?