di Dario Nicoli
In queste ore si sta compiendo il più grande errore della Russia dai tempi della Guerra fredda, che ne segnerà la fine della pretesa di essere un paese guida per il mondo, e forse la corroderà dall’interno provocando una degradazione dagli esiti imprevedibili.
L’analisi delle ragioni politiche ed economiche di questa tragedia potenzialmente autodistruttiva ha portato ad un esito sorprendente: l’Ucraina è un territorio esteso e con scarse risorse, per cui è maggiore il costo dell’impresa militare che il vantaggio dei beni su cui la Russia potrà mettere mano. Inoltre, la strategia tesa a creare una fascia cuscinetto che la separi dal territorio dei paesi che aderiscono alla Nato richiederebbe la sottomissione anche dei Paesi baltici che, giustamente, se ne sentono minacciati. Oltre al prezzo dell’invasione, lo sforzo nel mantenere il controllo di questi territori ed i costi umani di un’occupazione invisa dalle popolazioni sarà tanto tragico quanto inutile, come hanno dimostrato i casi dell’Ungheria e della Cecoslovacchia.
Allora perché i russi si stanno gettando a capofitto in questo abisso? Per rispondere a questa domanda occorre andare nel profondo della loro cultura. Essi concepiscono la propria origine, e la propria speciale posizione geografica a cavallo tra oriente ed occidente, come il segno di un destino che ne fa un popolo portatore di una verità e quindi di un compito storico di salvazione del mondo. Il pensiero panrusso, rappresenta per questo popolo come una sorta di demone bifronte che, come dice Max Weber, «tiene i fili della sua vita». Questa missione storica, che ci ha donato un patrimonio prezioso di opere d’arte, come nel caso del genio di Dostoevskij, ha anche rappresentato lo sfondo ideologico dell’imperialismo dell’URSS, che ha segnato un’epoca storica la cui fine è rimasta nell’élite russa come una ferita sempre aperta, ma che non si può riportare in vita nel nuovo secolo.
L’aggressione dell’Ucraina va molto oltre, e più in profondità, rispetto alle motivazioni economiche e politiche, in quanto non si tratta di un nemico, bensì di un “fratello” che appartiene alla loro stesso radice: il popolo Rus’ di origine vichinga, si è installato originariamente a Kiev, la città-santuario della sua epopea, per poi estendersi nell’attuale Russia. Il movente di questa tragedia consiste nell’incapacità di guardare la realtà e ridimensionare la propria pretesa di riconquista del territorio sovietico; l’incapacità di fare i conti con il suo demone, e di addomesticarlo in modo da farne l’ispirazione del suo genio culturale, è il cuore della tragedia che si sta rappresentando in questi giorni. P.S.: In questa tragedia la Cina fa la parte dello spettatore interessato: se sarà permesso alla Russia di calpestare sotto gli stivali dei soldati ed i cingoli dei blindati il principio di autodeterminazione dei popoli, proverà a risolvere nello stesso modo le proprie mire su Taiwan e sulle isole contese del Mar Cinese Orientale. E chissà quale altro territorio dove è presente una minoranza di etnia cinese.
commento di Clelia Dal Lago
Mi auguro sia vera la previsione citata : ” l’ errore che la Russia sta compiendo ne segnerà la fine della pretesa di essere un paese guida per il mondo ” ma ho qualche dubbio. Noi occidentali non riusciamo proprio a capirli i russi! Spesso quello che noi consideriamo un errore per i russi è la forza dell’ossessione per il loro grandioso passato. Passato che sono pronti a difendere costi quel costi. L’alleanza tra Cina e Russia è vicinissima e gli USA non hanno più la forza e la credibilità per ergersi a paladini della democrazia. Temo anni in cui le dittature riprendano forza, il sovranismo cresca e la democrazia venga considerata un orpello decadente da abolire.