di Cristina Casella
Nelle mie riflessioni sulla “meraviglia” vorrei partire da una domanda che è stata posta durante l’introduzione all’incontro: da dove nasce la meraviglia e come la riconosciamo?
Ho sempre associato il termine a qualcosa di bello e positivo e se dovessi rintracciare questo stato d’animo negli avvenimenti della mia vita, sicuramente andrei a quando da bambina, scoprivo per la prima volta che Babbo Natale con la sua slitta, aveva superato ogni sorta di barriera architettonica ed era riuscito ad arrivare in casa mia per depositare in modo studiato e decoroso, dei regali avvolti in carte scintillanti…avevo provato meraviglia di fronte a qualcosa di inatteso, di fronte all’idea che Babbo Natale avesse potuto percorrere un tempo ed uno spazio indefiniti per consegnare dei doni a me e ad altri bambini. Ricordo che all’improvviso mi ero sentita apprezzata e molto più buona!
Un breve aneddoto che mi aiuta a riflettere sul fatto che la meraviglia nasce da un incontro con l’Altro, un incontro che crea una reazione, una relazione e un cambiamento. Quando una persona si meraviglia, questa, per dirla come Eraclito, non è più la stessa.
Durante l’incontro filosofico ho parlato di circolarità e responsabilità, ovvero la persona che si meraviglia, porta se stessa nel mondo con un pensiero e un atteggiamento migliori. Ma l’uomo è relazione e lascia traccia di sé nel mondo e nell’Altro. Mi è tornato alla mente un piccolo saggio scritto da Anna Arendt riguardo ad una sua interpretazione del pensiero di Socrate: La “doxa” cioè l’opinione è il modo in cui il mondo si apre a ciascuno di noi e , nel bene e nel male, diventerà parte integrante della realtà pubblica in cui viviamo. Ecco perché ho parlato di dovere a cui aggiungerei morale di ogni persona; la meraviglia non è fuga dalla realtà ma è una costruzione della realtà che viene ripensata, concordo quindi con un’educazione alla meraviglia per può essere utilizzata con le generazioni più giovani ma ci sono persone che non hanno la più pallida idea di cosa significhi meravigliarsi oppure non ne sono capaci? Come possiamo allora, insegnare la meraviglia?
Altra frase di Anna Arendt che mi ha colpito è: l’uomo vede il mondo secondo l’immagine riflessa dalla propria azione. E io mi domando se il nonno di Heidi doveva aspettare di prendersi cura della nipote per cambiare qualcosa della propria vita?
Credo siano pochi, nella vita di una persona, gli incontri che contano per davvero, ma quando ci capitano e suscitano meraviglia, allora sono di norma associati ad un cambiamento profondo che solo in parte dipende da noi. L’incontro infatti “CI CAPITA ADDOSSO” come un’opportunità e ci interroga, spesso ci sfida.