Questo contributo è stato scritto in relazione all’introduzione al libro di Milan Kundera, “Un Occidente prigioniero” pubblicata in questo sito.
di Dario Nicoli
Il testo di Milan Kundera ci sollecita ad una riflessione su quale pace si potrà realizzare tra la Federazione Russa e l’Occidente europeo una volta messe a tacere le armi e definiti gli accordi sui confini tra gli stati e sulla ricostruzione dell’Ucraina.
L’autore di Un occidente prigioniero mette in luce il dualismo tra queste due grandi aree geopolitiche e giustamente ne individua le radici nella cultura e nella religione, oltre che nella storia. Ponendosi nell’epoca della Guerra fredda, egli utilizza queste categorie in chiave oppositiva, come contrasto insanabile tra due entità tra di loro inconciliabili: uno scontro tra la forza buona dei valori culturali delle “piccole nazioni” dell’Europa orientale e la violenza bruta da parte dei “vandali”, gli ideologi del regime sovietico. La fine di quest’ultimo è dovuta, oltre che alla debolezza economica, al disfacimento della sua struttura politica in quanto fondata su un’ideologia imperialista e non sulla forza della cultura. Un cortocircuito che si è riproposto anche negli ultimi anni con la Georgia, la Cecenia ed ora l’Ucraina.
È evidente che la continua ciclicità delle aggressioni russe nei confronti delle nazioni confinanti indica il vero ostacolo, ed insieme la chiave di volta di una pace autentica e duratura tra Federazione Russa e Ucraina. Si tratta dell’idea panslavista che afferma la comune identità – vista come un vero e proprio “destino” storico – dei popoli slavi, relegando a “particolarismo” le loro peculiarità culturali, e che propone un processo federalista entro un’unione politica guidata dalla Russia.
Il legame tra ideologia panslavista e utopia imperialista rappresenta il cortocircuito che ha portato a tante guerre, l’ultima delle quali, l’aggressione dell’Ucraina, ha provocato la rottura delle relazioni economiche e politiche con i paesi posti lungo il confine occidentale della Federazione Russa, insieme alla loro militarizzazione al fine di prevenire future aggressioni, ed ha condotto ad un profondo ridimensionamento del peso di Mosca nello scenario internazionale.
È qui che occorre superare il dualismo oppositivo di Kundera, sostenendo invece la necessità, nel processo di pace che seguirà all’inevitabile armistizio con Ucraina, di evitare l’isolamento internazionale o peggio il disfacimento del sistema politico della Federazione Russa, per delineare una vera pace fondata sulla valorizzazione dei caratteri positivi delle tradizioni culturali, politiche e religiose presenti nel continente europeo.
Un tipo di pace che richiederà tre condizioni: l’assunzione da parte di Mosca delle proprie responsabilità per i disastri provocati in Ucraina, l’avvio di un processo di democratizzazione delle proprie istituzioni, la ripresa delle relazioni economiche e soprattutto culturali tra i due versanti del continente europeo.
Da tale scenario potranno derivare vantaggi reciproci: evitare la formazione di una nuova “cortina di ferro” in mezzo all’Europa e di un blocco globale di stati autocratici ed oppressivi, offrire alla Federazione Russa l’opportunità di un rientro nelle relazioni internazionali e di una interdipendenza pacifica con l’Europa occidentale, interrompere la deriva nichilista ed economicista dell’Occidente, che potrà far tesoro della riscoperta dei propri valori culturali, religiosi e politici.
Secondo le conclusioni di Dario Nicoli Andremo verso L’EURASIA (EU-ropa, R-ussia, ASIA-comprendenti tutti gli stati confinanti con la Russia di lingua e cultura similari, nel rispetto della Carta Costituzionale Italiana e della Europea Occidentale, nel rispetto della libertà, della democrazia, della dignità e dei diritti civili? Realtà od utopia? Il braccio di ferro tra Ucraina e Russia sarà l’affermazione della cultura liberale dell’Unione Europea o della dittatura sovietica?