di Bruno Perazzolo
Cosa significa appartenenza? Esiste un “bisogno del dovere”? “Libere” riflessioni suscitate dall’incontro – intervista di Pinerolo del 7 novembre ’23
Secondo diverse tradizioni culturali l’azione umana può essere ricondotta a tre tipologie ideali: 1) l’azione espressiva di un bisogno individuale impellente, finalizzata al piacere immediato; 2) l’azione strumentale, o razionale, che rimanda nel tempo la soddisfazione di un bisogno individuale nell’ottica di soddisfarlo in misura maggiore nel futuro: in termini economici tale modalità corrisponde al profitto; 3) l’azione morale, agita dalla persona in quanto essere sociale soggetto ad una legge universale. Quella che si definisce “la Terza parte dell’anima”.
Se c’è una cosa che credo di aver capito dopo gli incontri di Biandronno (aprile ’23) e Pinerolo (novembre ’23) dedicati alla “Nuova Comunità” è quello che potrei chiamare “il bisogno del dovere; il bisogno di avere un compito” che fa dell’uomo solo (dell’individuo atomistico) un uomo triste e, spesso, disperato. In fondo credo che appartenenza significhi proprio questo: il bisogno di sentirsi parte di qualcosa che ci trascende e, perciò, ci obbliga ad agire in certo modo a prescindere dal calcolo utilitaristico (calcolo costi benefici). Sennonchè, per appartenere non basta “sentirsi di appartenere”. Per “sentire di appartenere” occorre il riconoscimento degli altri, serve “entrare in scena ed essere, in qualche modo, applauditi” in relazione al ruolo svolto. In ultima analisi è questo “bisogno di sentirsi obbligati”, questo desiderio della “gente comune” di sentirsi “impegnata e riconosciuta” in qualcosa di valido che non sia la cura del proprio ego, che rende le nostre Case, un Comune, una Regione e persino uno Stato (Paese), dei “Luoghi degni di essere Abitati” nel senso umano del termine.
Siamo soliti sentir dire che “nessuno fa nulla per nulla” e in effetti il consumo e, più in generale, le relazioni economiche in senso stretto, si basano essenzialmente sullo scambio, cioè sul mercato dove “nessuno ti dà qualcosa per niente”. Anche lo Stato Moderno e la relativa Spesa Pubblica sono stati fondamentalmente concepiti, da filosofi, economisti e giuristi, in termini strumentali – razionali, ovvero nell’ottica di soddisfare bisogni individuali quali la sicurezza, la tutela dei confini e le stesse relazioni di mercato. Qual è dunque il contesto dove si manifesta e si sviluppa l’azione morale pura e semplice? Se non il mercato, se non lo Stato, questo contesto altro non può essere che quello della Comunità. A Biandronno e a Pinerolo, parlando di associazioni, di volontariato, di imprese legate al territorio, di istituzioni locali, abbiamo sentito solo di persone “che fanno qualcosa senza chiedere nulla in cambio”. Incredibilmente sembra quasi che queste realtà, che nelle nostre regioni sono notevolmente diffuse, pressappoco come l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo, non siano percepite e, a maggior ragione, neppure adeguatamente apprezzate. Eppure, sono quasi sempre dei volontari quelli che consentono di mantenere aperti e funzionanti la maggior parte dei campi di calcio, delle palestre, delle biblioteche e delle sale di lettura, delle sale cinematografiche periferiche, degli oratori ecc. Idem per quanto concerne la pulizia di molte aree e parchi pubblici, per non dire, da ultimo, delle ricorrenze e delle feste paesane, impensabili senza una qualche forma di collaborazione tra Associazioni e Istituzioni Locali. Forse, come ha detto qualcuno, accade che ci accorgiamo di tutto questo, come di tutte le altre cose veramente importanti, solo quando vengono a mancare. In ogni caso, consapevolezza a parte, è un fatto che siano queste istituzioni ad assicurare, nella maniera più chiara e diretta, la cornice nella quale il sentimento e l’azione morale, ovvero la dimensione virtuosa della nostra esistenza, si manifestano e si irrobustiscono.
Agli argomenti appena svolti si potrà obiettare che, in fondo, si tratta solo di schemi e che la realtà è molto più complessa. Anche lo Stato e il Mercato, e persino l’individuo isolato, senza uno sfondo morale sono inconcepibili. Tutto vero. La realtà mescola sempre ciò che noi pensiamo in maniera distinta. Resta il fatto che senza una mappa, che non corrisponde mai al territorio, noi non saremmo capaci né di capire dove siamo, né di comprendere in che direzione andare. Se oggi, a differenza degli ultimi tre secoli circa, siamo in molti a denunciare l’egoismo e l’eccesso di individualismo che caratterizza l’occidente democratico, dovremmo anche, sia pure con i limitati mezzi intellettuali di cui disponiamo, fare lo sforzo di individuarne i principali fattori e, almeno, formulare qualche ipotesi risolutiva. In questo senso, per come la vedo io, credo che le interviste di Biandronno e Pinerolo siano state illuminanti. Grazie.
Mi trovo d’accordo su quanto esposto nella relazione. Vorrei solo fare notare che il tutto. trova una relazione con la verita’ cristiana del Corpo mistico di Cristo ( la chiesa)espressa da S.Paolo nella lettera agli efesini: noi siamo membra diverse che collaborano al bene di tutto il corpo mistico di Cristo.
Grazie Don Luigi. Non m’intendo molto di teologia cristiana, ma, soprattutto dalle ultime parole, mi pare che il concetto sia proprio questo. Si tratta della visione olistica della società sancita da tutte le religioni, ad esclusione di una: la gnosi. La religione dei rinuncianti, coloro che non intendono salvare il mondo, ma solo sottrarsi al mondo concepito come male assoluto o fonte di infinita sofferenza: es. Buddha e altri asceti orientali. Poi ci siamo noi, occidentali, che abbiamo fatto dell’individuo un’essenza autonoma e, da questa sostanza, abbiamo tratto un Dio sognate che usa il mondo come strumento a disposizione della sua infinita creatività mai contenta di se stessa. Questo individuo, che non si inchina a nulla, nè ha rispetto per nulla oggi forse è giunto al capolinea. Le crisi della dimensione comunitaria e dell’ecologica ne sono la drammatica prova che getta l’uomo moderno (non tutti, ma la maggior parte) nella solitudine e nella disperazione. Ma, come si sa, la crisi è anche opportunità. La solitudine ci rende consapevoli della mancanza di connessioni e alimenta il desiderio di relazioni con il prossimo e con il creato. Se religione significa collegare, la crisi dell’individuo moderno forse significherà anche un ritorno della religione e, quindi, di una visione olistica della società (comunità) in forme, almeno in parte, certamente nuove.