di Luca Cadili
Quando fu eletto imperatore, Marco Ulpio Traiano (98-117 d.C.) fulminava sulle rive del Reno. Tornato a Roma, lasciò subito la città per sottomettere la Dacia, l’odierna Romania. Morì di ritorno dalla Mesopotamia dopo aver conquistato Ctesifonte, la patria degli indomabili cavalieri dell’Antichità, i Parti. Un altro imperatore-soldato, si direbbe, come lo furono prima di lui Tiberio e Vespasiano. Ma Traiano era un uomo solido, figlio del grande ceto senatorio della Spagna. Di Tiberio non aveva la fragilità psicologica né l’acre animo dell’italico Vespasiano. Il Medioevo lo fece protagonista di una leggenda. Mentre lasciava Roma per una delle sue campagne militari, un’anziana donna si avvicinò al suo cavallo e lo supplicò di farle giustizia. Traiano non fu sordo alla sua preghiera e la esaudì rimandando la sua partenza. Fu così che l’imperatore meritò il Paradiso e volò nel Cielo dei giusti, il Cielo di Giove, guadagnando anche il plauso di Dante Alighieri che ricorda questi fatti nel XX canto del suo Paradiso. Ciò è davvero avvenuto, ma non in forza di una leggenda, per quanto edificante essa possa essere: Traiano si rese degno della beatitudine eterna per quanto fece su questa terra come uomo e come Romano.
Un giorno – era uno di quei rari giorni in cui Traiano si trovava a Roma – gli fu riferito che nella Suburra e negli altri quartieri degradati della capitale dell’Impero viveva un gran numero di orfani. Li avevano abbandonati sulle strade di qualche villaggio della provincia italica i genitori perché non era loro possibile nutrirli e non avevano il cuore di assistere alla loro morte. Chi sopravviveva veniva a Roma a accattare il pane e a vendersi per un pugno di monete, mentre un architetto venuto dalla Siria levava nel centro dell’Urbe uno dei più grandi monumenti alla potenza imperiale, la Colonna traiana. Traiano disse: basta! E furono le Institutiones alimentariae, il primo compiuto esempio di economia circolare. Degli ispettori imperiali furono inviati in tutte le città italiche. Il loro compito era redigere una lista di tutti i liberi agricoltori che volessero ottenere un prestito dallo Stato. Il prestito, che era accordato dal fiscus, dalle casse imperiali, era a fondo perduto. I beneficiari erano tenuti però a pagare ogni anno un interesse del tutto irrisorio. Questi soldi servivano appunto a finanziare le Institutiones che provvedevano al mantenimento e all’educazione degli orfani. Fu così che l’oro che venne a fiumi dalla Dacia salvò migliaia di bambini, rimettendo in moto l’economia rurale e sottraendo i piccoli proprietari dalla minaccia della schiavitù per debiti.
Traiano fu un grande soldato: mai, come sotto il suo regno, Roma estese i suoi confini sul mondo abitato. Ma Traiano amava più i bambini della guerra, perché aveva capito, lui solo tra quanti lo avevano preceduto e quanti furono poi suoi successori: i bambini sono il futuro del mondo, non l’oro che anche adesso preghiamo che arrivi da un’altra Dacia al prezzo del sangue e dell’indifferenza.
La statua di TRAIANO dovrebbe stare sulla colonna traiana.
Date a Cesare quel che è di Cesare disse un grande.