di Bruno Perazzolo

La democrazia come metodo di soluzione pacifica del conflitto

La democrazia “è il modo di contare le teste anzichè romperle” (Bryce 1888). La democrazia, intesa in questo modo, rappresenta una forma del sistema politico tale per cui, la decisione politica (il comando), è rimessa alla maggioranza dei cittadini (contare le teste ovvero la regola del consenso), piuttosto che alla sola “forza fisica” (rompere le teste).

Una valutazione della democrazia

La democrazia ha molti difetti, ma un grande pregio: tutti gli altri sistemi hanno difetti maggiori (Winston Churchill).

La democrazia diretta (es. referendum)

Ricorre quando il popolo assume direttamente la decisione politica. In altri termini, la democrazia è diretta quando, anzichè votare dei candidati, si votano norme.

Se il punto forte della democrazia diretta risiede nell’impossibilità che si crei la separazione tra rappresentati e rappresentanti, i limiti sono dati da una popolazione elevata sparsa su un vasto territorio e dalle decisioni complesse che richiedono una specializzazione.

La democrazia rappresentativa (detta anche indiretta o delegata)

Ricorre quando al popolo compete il potere di eleggere i propri rappresentanti ai quali, successivamente, spetterà la deliberazione delle norme. In questo caso, il popolo esercita la sovranità attraverso l’assemblea dei delegati

.

I vantaggi sono l’efficacia e l’efficienza operativa e la possibilità che le decisioni politiche vengano demandate a persone competenti; il limite sta nella possibilità di un divario tra la volontà della maggioranza dei cittadini e quella dell’assemblea dei “delegati” tale da trasformare, di fatto, la democrazia in oligarchia tecnocratica e/o lobbistica.

La democrazia partecipata

La democrazia partecipata, per molti aspetti, si avvicina alla diretta. I cittadini sono chiamati a deliberare su norme, non a votare chi si candida a rappresentarli. Una differenza resta però nel fatto che la deliberazione viene assunta al termine di un processo di coinvolgimento, discussione e dialogo condotto, in genere, all’interno di piccole comunità[1]. Ciò fa sì che tutti, a prescindere dall’esito del confronto (essere dalla parte della maggioranza o della minoranza), si sentano parte attiva capace di influenzare le decisioni.

La democrazia partecipata richiede, quindi, un notevole impegno personale speso in riunioni, nella raccolta di informazioni, nell’approfondimento, nella riflessione ecc. Può essere pertanto esercitata prevalentemente su base locale e solo rispetto ad alcune decisioni tecnicamente meno complesse.

La cittadinanza attiva

In senso lato, la democrazia include anche la “cittadinanza attiva”. Vi rientrano fenomeni quali il volontariato, la “sussidiarietà orizzontale e circolare” e l’autogoverno delle comunità locali o di prossimità. Formalmente estranea alla democrazia intesa in senso stretto, in quanto non comporta decisioni a maggioranza imposte alla minoranza (l’esercizio dell’autorità politica), la cittadinanza attiva ne coglie però, più da vicino, lo spirito rappresentando una sintesi perfetta tra libertà e partecipazione: i due canoni che, insieme all’eguaglianza sostanziale e politica, stanno alla base dell’edificio della sovranità popolare.  

Ma cos’è la “cittadinanza attiva”? La definizione migliore è anche la più semplice: è l’iniziativa diretta che un gruppo di persone assume, normalmente su base locale, per la soluzione di un problema condiviso: es. tenere pulito il vicino parco comunale, organizzare collettivamente il doposcuola dei figli, fornire assistenza agli anziani del quartiere ecc.. Come dimostrano i seguenti documenti, spetta proprio a questa forma incompleta e/o ellittica e/o spuria” della democrazia il compito di ricordarne  maggiormente l’idea originaria ai cittadini, ravvivandone, nei cuori, i valori fondanti.  

RAI3 Domenico Iannacone, dalla serie “Che ci faccio qui”, il calciosociale

RAI3 Riccardo Iacona, dalla serie “Presadiretta”, cittadini alla riscossa 

RAI3 Emilio Casalini, dalla serie “Generazione Bellezza”, il sogno di una comunità

E’ a questo spirito – piuttosto che al solo, astratto principio di efficienza degli Enti Pubblici – che si richiamarono i padri costituenti quando scrissero, inserendolo tra i principi fondamentali della Repubblica, l’art. 5 Cost..

La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

In questo video di commento all’art. 5 Cost., Roberto Benigni coglie, sia pure indirettamente, il senso profondo della cittadinanza attiva

Ovviamente, anche la cittadinanza attiva, in quanto modalità di autogoverno, non è priva di limiti. Al netto delle utopie ottimistiche dell’ordine sociale (anarchia), non è infatti in grado di fronteggiare il conflitto sociale e la necessità del ricorso a forme di autorità politica che, pertanto, stanno a fondamento della legittimità dello Stato.

Conclusione

Poichè la democrazia, in ciascuna delle accezioni appena esposte, presenta pregi e difetti, è evidente che ciò che di norma si impone è una forma complessa che realizza – in base allo specifico contesto economico, politico e sociale di un determinato paese – un delicato equilibrio tra le modalità diretta, rappresentativa, partecipata e della cittadinanza attiva. Un equilibrio che, in concreto, sino ad oggi, nelle maggiori democrazie occidentali moderne, ha visto prevalere la forma rappresentativa riservando alla diretta una funzione correttiva della democrazia delegata e confinando sia la democrazia partecipata sia la cittadinanza attiva ad un ruolo, nel complesso, marginale.


[1] es. il bilancio partecipato di un Comune

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