di Gabriella Morello
Il 4 dicembre 2020 il Ministero dell’Istruzione ha rilasciato l’ordinanza n.172 e relative Linee guida per la formulazione dei giudizi descrittivi nella valutazione finale e periodica, indicando le modalità e i tempi di sviluppo di un nuovo modello valutativo nella scuola primaria. Con la pubblicazione di questi documenti si è concluso un iter normativo, a tratti rocambolesco, che ha rimesso in primo piano il miglioramento dell’apprendimento degli studenti, a partire da quell’ordine di scuola in cui tutto comincia. Si tratta di un cambiamento significativo perché in Italia dal 1977 ad oggi si sono susseguiti molti atti legislativi sul tema della valutazione, che hanno di fatto alternato l’uso dei voti all’adozione di giudizi. A livello ministeriale, con quest’ultima scelta, si vuole avvicinare maggiormente la valutazione alle specificità e all’individualità di ogni singolo bambino, dando la possibilità di raccontare il percorso intrapreso e i cambiamenti manifestati dai bimbi per raggiungere i traguardi di competenze, declinati nelle Indicazioni nazionali per il curriculo del 2012.
Di fatto è una piccola rivoluzione copernicana: la valutazione non ruota intorno al voto, estrema sintesi di più aspetti espressi con una scala numerica, ma ruota intorno alla capacità di condividere con il discente quali consapevolezze ha sviluppato e quali obiettivi deve ancora raggiungere.
La valutazione non è soltanto un atto amministrativo periodico evaso dai docenti, ma una modalità di rilevazione dell’apprendimento da cui sviluppare specifiche strategie di miglioramento. Molto banale come considerazione, ma ancora poco radicata nelle prassi didattiche, tanto da dover ribadire nell’impianto normativo la responsabilità degli organi collegiali delle scuole di organizzare le azioni di recupero degli apprendimenti, non sempre espletate con l’attenzione dovuta. Inoltre si limita il proliferare di giudizi sterili, attraverso i contributi metodologici e pedagogici redatti da una Commissione ministeriale incaricata di implementare le linee guida per la formulazione dei giudizi, presieduta dalla professoressa Elisabetta Nigris, docente Ordinario presso l’Università di Milano Bicocca.
Le schede di valutazione intermedie e finali per la scuola primaria non sono più un elenco delle materie e relativi voti, ma contengono per ogni materia gli obiettivi perseguiti in un arco temporale e il livello raggiunto.
I livelli sono solo quattro (avanzato, intermedio, base e in fase di prima acquisizione), gli aspetti da monitorare per discriminare i livelli raggiunti sono:
– l’autonomia con cui l’allievo manifesta l’apprendimento, consideralo completamente autonomo quando non c’è alcun intervento diretto del docente;
– la tipologia di situazione in cui l’alunno mostra di aver raggiunto l’obiettivo. Una situazione (o attività, compito) nota può essere quella che è già stata presentata dal docente come esempio o riproposta più volte in forme simili per lo svolgimento di esercizi o compiti di tipo esecutivo. Al contrario, una situazione non nota si presenta all’allievo come nuova, introdotta per la prima volta in quella forma e senza specifiche indicazioni rispetto al tipo di procedura da seguire.
– Le risorse mobilitate per portare a termine il compito. L’alunno usa risorse appositamente predisposte dal docente per accompagnare il processo di apprendimento o, in alternativa, ricorre a risorse reperite spontaneamente nel contesto di apprendimento o precedentemente acquisite in contesti informali e non formali;
– la continuità con cui si manifesta l’apprendimento. Vi è continuità quando un apprendimento è messo in atto perché è necessario oppure atteso.
Il nuovo impianto valutativo dovrà essere sviluppato nelle scuole primarie entro il 2022, lasciando così il tempo di approfondire le modalità e approntare gli strumenti adeguati.
Dopo circa quattro mesi dalla pubblicazione delle Linee guida, in cui sono stati organizzati dal Ministero dell’Istruzione e dagli Uffici Scolastici Regionali webinar formativi molto efficaci, le sfide da affrontare sono state decisamente più chiare: da una parte è indispensabile sviluppare modalità e strumenti adeguati per svolgere la valutazione finale e in itinere, dall’altra promuovere una cultura della valutazione strettamente legata alla valutazione formativa e alla progettazione didattica, elementi caratterizzanti la professionalità del docente. Dietro questo nuovo impianto si ritrovano elementi metodologici della “valutazione autentica”, della “progettazione a ritroso” e della teoria dell’apprendimento di Benjiamin S. Bloom, che richiamano un’osservazione sistematica del discente e una precisa organizzazione del setting valutativo. Prove di verifica, diario di bordo, portfolio, registrazioni audio e video, registro elettronico rispondono ad una specifica parte del processo di valutazione e si perdono le sovrastrutture imposte dalla valutazione numerica, che richiede una costante ponderazione in scala. Un lavoro di questo tipo può essere per gli studenti l’occasione di progressione del proprio apprendimento, della conoscenza di sé e l’adozione di strategie di studio più efficaci. Può essere anche per i docenti la strada giusta per districarsi tra stili cognitivi e motivazione all’apprendimento, per dirigere meglio le proprie azioni e scelte didattiche. Ma questo impianto è utile solo nella scuola primaria? Davvero per i cicli successivi si può ritenere più efficace la valutazione numerica? Alcuni Istituti Comprensivi hanno esteso la sperimentazione anche nelle scuole secondarie di primo grado, ma se rimarranno esperienze solitarie la svolta delineata a livello ministeriale non genererà il cambiamento atteso.
Tanto lavoro resta da fare e tante resistenze dovranno essere superate, ma riavvicinare i docenti alla fatica della valutazione può essere un’ottima strada per far riscoprire la propria professionalità che, come la didattica a distanza ha dimostrato, non è tanto “spiegare” quanto valutare, in inglese assessment dal verbo latino assidere, che significa “sedersi accanto ad un altro”.
Concordo con Gabriella sull’unità che collega la didattica alla valutazione e al modello educativo. Il nuovo modello di valutazione rischia di trasformarsi in un mero adempimento burocratico, nell’ennesima riforma che non cambia sostanzialmente nulla, se non si mette mano seriamente anche al modo di fare scuola e, quindi, alla maniera di educare i ragazzi.