Un manifesto per il risveglio e il re-incantamento

Dario Nicoli

Ho iniziato la lettura dell’Enciclica Dilexit nos (Ci ha amati) di Papa Francesco nella speranza di poter capire meglio il suo pontificato, che fin qui mi è sembrato piuttosto ondivago, e mi sono trovato davanti ad un testo che non solo ha pienamente soddisfatto quell’aspettativa, ma che contiene due altre qualità sorprendenti: è una sorta di manifesto per il risveglio della Chiesa ed inoltre rappresenta la proposta a tutti, credenti e non credenti, per una rinascita del nostro mondo estenuato, spaventato e sull’orlo della disperazione.

Il punto di congiunzione dei tre significati dell’Enciclica sta nel seguente brano: «Il nucleo di ogni essere umano, il suo centro più intimo, non è il nucleo dell’anima ma dell’intera persona nella sua identità unica, che è di anima e corpo. Tutto è unificato nel cuore, sede dell’amore. Se in esso regna l’amore, la persona raggiunge la propria identità in modo pieno e luminoso, perché ogni essere umano è stato creato innanzitutto per l’amore, è fatto nelle sue fibre più profonde per amare ed essere amato».

Il Papa indica nella frammentazione – una caratteristica che riguarda la società, la cultura, ma soprattutto la sfera esistenziale di ciascuno – il fattore chiave del malessere del passaggio storico che stiamo vivendo, e ne indica due cause: l’essere costantemente bombardati da tante forme di apparenza e di inganno, generando in noi un atteggiamento di sospetto che si trasforma in sfiducia nella possibilità di accedere alle verità di cui abbiamo bisogno per vivere umanamente. Ma, per poter ottenere il riconoscimento degli altri, essenziale in quanto esseri sociali non autosufficienti, finiamo per partecipare al gioco dell’apparenza impegnandoci nella recita della parte di persona interessante e meritevole di successo. Ne deriva un sentimento di inautenticità che finisce per logorare il nostro cuore; ciò, unito alla mancanza di punti di riferimento saldi del mondo sociale sottoposto in ogni sua componente ad una continua accelerazione, porta ad un inaridimento delle forze vitali della società, provocando un ripiegamento difensivo di quanto abbiamo di più caro – il benessere, la sfera prossima in cui si svolge la nostra esistenza e soprattutto l’io individuale.

La frammentazione e l’inaridimento del cuore pongono gli esseri umani in bilico sul vuoto; è così che viene inibita l’intelligenza non basata sul calcolo, non afferriamo il senso della vita come avventura buona, viviamo con sofferenza le relazioni con gli altri e non riusciamo a nutrirci di poesia.

Papa Francesco non assume una posizione di condanna; al contrario mostra una grande affezione per il travaglio in cui viviamo, in quanto vede in esso i segni di un’umanità che non può essere soffocata. Ci invita ad ascoltare il nostro cuore perché è il punto in cui siamo sinceri con noi stessi; esso ci grida di sottrarci all’alienazione esistenziale che coi soffoca, per ritrovare lo sfondo di senso e l’orientamento della nostra vita nella quale poter sperimentare una vera vicinanza con gli altri e dedicarci ad un’operosità che concorra al bene.

L’Enciclica comprende anche un itinerario culturale in cui poter interrogare il passato per ritrovare la traccia di una vita umana.

Scopriamo che per Omero il cuore non è solo corpo, ma comprende anche l’anima, il nucleo spirituale dell’essere umano, oltre al pensiero ed al sentimento. C’è una forza generativa nelle gesta degli eroi e nell’azione degli dèi che spinge costantemente in avanti l’avventura umana; per questo l’Iliade e l’Odissea hanno potuto formare l’identità dei giovani ed una vita come missione di fedeltà e di onore.

Nella Bibbia è scritto che «la parola di Dio è viva, efficace e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore», mentre l’uomo da solo tende a pensieri superficiali che confondono. Anche i discepoli di Emmaus, che vivevano il dramma della confusione, della delusione e della disperazione, sono scossi nel punto centrale della loro vita («non ardeva forse in noi il nostro cuore») dall’incontro con Gesù e perciò invertono il loro cammino verso Gerusalemme.

Questa Enciclica comunica il vero fondamento del magistero di Papa Francesco, svelando la falsità dello scontro tra innovatori e conservatori che sta logorando la Chiesa; egli mette in guardia da forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore, e da pastori concentrati su attività, progetti e riforme strutturali che perseguono il successo mondano, ma sono inesorabilmente «prive di Vangelo». Riconoscendo alcune lacune nell’attuale dibattito teologico, ci ricorda che «c’è più razionalità, verità e saggezza nel fervore credente del santo popolo fedele di Dio, che nella sua pietà popolare cerca di consolare Cristo, che non nei freddi, distanti e calcolati e minimi atti d’amore di noi che pretendiamo di possedere una fede più riflessiva, coltivata e matura».

Ma questo documento è anche un manifesto di risveglio e re-incantamento centrato sul “cuore” come luogo in cui tutto l’umano è unificato, in quanto sede dell’amore. Una consapevolezza che tutti in vario modo sperimentiamo, e che richiama la nostra origine di creatura amata in modo totale e personale, proiettata verso una realizzazione di sé che si compie tramite atti d’amore a favore degli altri. Nel cercare di venire a capo del nostro mistero personale con il solo pensiero, la nostra mente si confonde e si perde, mentre nell’amare la persona avverte di sapere perché e a che scopo vive.

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È di pochi giorni fa la notizia che il famoso storico Niall Ferguson, da sempre ateo fervente, si è convertito al cristianesimo tanto da far battezzare i suoi figli. Due sono state le tappe del suo cammino: in primo luogo, riflettendo sui suoi studi, ha concluso che nella storia umana non vi è nessuna civiltà fondata sull’ateismo; inoltre aggiunge che, potendo scegliere, egli opterebbe ancora per una società nata nell’alveo del cristianesimo in quanto qui si trova a casa propria. 

Ugualmente possiamo dire con certezza che non esiste una società fondata sull’individualismo e neppure sul vittimismo misto alla presunzione di poter cancellare il passato.

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1 commento

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    Già nell’enciclica “laudato si'”, nel pontificato di Papa Francesco, era chiaro il superamento di ogni ambiguità dualistica (anima contro corpo) che, per quel che capisco, Dario ribadisce nel suo articolo. A me questo sembra un punto fondamentale, il solo che possa aprire a un nuovo incanto e ad un ritrovato spirito contemplativo. Se l’anima abbandona il corpo, per come la vedo io, vaga nel vuoto, nel vortice del nulla, se il corpo rinnega l’anima si riduce a una rincorsa utilitaristica di frammenti di piccoli piaceri, momenti di pseudo – felicità, destinati ad approdare nella solitudine e nella disperazione. In entrambe i casi l’uomo è alienato, privato della sua integrità che è fatta di unità di anima e di corpo

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